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Autismo, valutazione dell’invalidità civile tra minori

Riceviamo e pubblichiamo:

Qual è il comportamento più adeguato ed utile da tenersi nella non semplice e serena evenienza correlata alla valutazione della invalidità civile relativa a soggetti (nel caso di specie trattasi prevalentemente di minori vista l’età di prima diagnosi)  che presentino problematiche di carattere neuro-psicopatologico facenti riferimento a quell’insieme variegato di situazioni, a diverso grado di gravità, oggi rientranti in quel complesso psicopatologico definito di spettro autistico ( DSA secondo DSM-5)?

Tale bisogno trae la sua fonte dalla lettura di un insieme piuttosto cospicuo di riflessioni ed istanze, ovviamente prevalentemente genitoriali, rappresentate on line e tramite interscambio di mail sulle personali esperienze maturate e dalla constatazione come, pur a fronte di apparenti similari condizioni di partenza, ne conseguano poi effetti diversificati sul piano del riconoscimento e delle eventuali provvidenze connesse ed erogabili.

Dico subito che trattasi di una materia non solo concettualmente complessa ed articolata ma di un contesto di situazioni tra di loro solo in parte apparentemente codificabili e categorizzabili secondo semplici ed ordinate schematizzazioni. In un tempo in cui lo scambio informativo tramite la rete permette di poter accedere ad un ventaglio ampio di situazioni ampiamente diversificato (peraltro non sempre altrettanto controllate e validate) occorre tener presente come non sia altrettanto semplice conformare i risultati altrui alla propria personale casistica di bisogno.

Proprio per quanto accennato, difficilmente simili complessi quadri di patologia tendono a confluire in tipologie sovrapponibili e quindi è richiesta una attenta, definita analisi e caratterizzazione di ogni singolo caso trattato, appare evidente come le strutture medico legali deputate alla formale valutazioni dei casi a loro presentati tendano doverosamente ad attenersi a criteri metodologici e ad orientamenti valutativi in qualche misura omogenei che traggono la loro base da criteri generali che debbono soddisfare, allo stesso tempo, un solido impianto scientifico quanto una marcata disanbiguità nei termini intrinsecamente esplicativi. Ciò al fine di ridurre al massimo grado eventuali termini di contenziosità, conseguente a differenziazione interpretativa, quanto a produrre eguaglianza ed equanimità nel rispetto del diritto. Ovvero a riconoscere a ciascheduno quanto dovuto in forza della specifica situazione documentata. In tal senso pare opportuno fare riferimento alla Comunicazione tecnico scientifica AUTISMO ** del Coordinamento generale Medico Legale dell’INPS (documento facilmente acquisibile in rete) che risulta al presente l’elemento base di comportamento interpretativo prevedibile a fini valutativi da parte di chi chiamato a definire i singoli concreti casi in giudizio.

I limiti della presente nota non permettono alcun richiamo alle normative di legge che delimitano il campo dei diritti in tema di invalidità civile e delle ulteriori definizioni di handicap ma appare chiaro come il processo formale di accertamento prende avvio (formale domanda) su istanza diretta dell’interessato o, nel caso, da chi per lui, processo che quindi evidentemente trae origine da una preesistente chiara consapevolezza della problematica sanitaria per la quale si ritiene di rientrare nello specifico campo di previsione (invalido, handicap).

Consapevolezza che, pur originandosi dalla diretta esperienza personale e dal vissuto in prima persona maturato, chiaramente non può fermarsi a questo (l’evidenza per quanto manifesta non è mai sufficiente !) ma deve trovare corrispondenza in una documentazione sanitaria coerente in grado di rappresentare in modo indiscutibile la situazione presente che si ritiene essere alla base della menomazione individuale generante ridotta validità o ostacolo o infine necessitante di supporto assistenziale.

Pervenendo al passo della richiesta di valutazione della propria condizione in genere dopo una più o meno lunga ed articolata sequela di valutazioni clinico specialistiche, risulterebbe di estrema utilità avere piena documentazione di tale excursus sanitario da rappresentare al collegio valutante. La problematica spesso (impropriamente) sollevata circa il contesto di provenienza della documentazione sanitaria, privato/pubblico, appare un falso problema alla luce del fatto che esiste un pieno diritto a scegliersi il proprio sanitario di fiducia e quindi la vera discriminante è data dalla intrinseca veridicità, chiarezza ed autorevolezza di quanto certificato. La preferenzialità concettualmente accordata a certificazioni provenienti da struttura pubblica, fatto pur vero, appare tuttavia marginale (N.B. talvolta anche le certificazioni pubbliche vengono disattese senza confronto paritario. Si sta peraltro tendendo una politica di coordinamento tra strutture certificanti e quelle valutanti che sgombri il campo da tali inopportuni ed incomprensibili contrattempi). Di fatto si perviene alla valutazione formale avanti al collegio medico dopo la domanda e presentando una documentazione sanitaria definita attestante la condizione da cui consegue l’individuale classificazione del grado di invalidità e o di handicap nonché la valutazione di talune rilevanti condizioni accessorie (bisogno individuale assistenziale). Trattandosi di soggetti minori, non ancora in previsione lavorativa, risulta inopportuno e sostanzialmente prematura la gradazione del livello di invalidità (1-100%) che pertanto non viene rappresentata, quanto invece appare rilevante il grado di gravità dello specifico caso da cui conseguono una serie di possibili previdenze (handicap grave, indennità di accompagnamento o frequenza). L’ulteriore aspetto ricorrente in tali situazioni riguarda la rivedibilità del soggetto invalido, termine che consegue alla considerazione di una intrinseca possibilità evolutiva migliorativa (o ad una insufficiente/incompleta al momento definizione del caso in esame). In ragione di ciò i casi definibili più gravi e quindi prognosticamente sfavorevoli dovrebbero unicamente essere rivisti alla maggiore età per avere una definitiva valutazione del grado invalidante e delle provvidenze assegnate (evitando inopportune quanto infruttuose nuove valutazioni). Quindi il criterio differenziale per l’approvazione di specifiche provvidenze (indennità di frequenza / indennità di accompagnamento) è sotteso unicamente dalla definizione di gravità intrinseca del caso considerato, dandosi per acclarato come a diversi gradi di gravità conseguano ben differenziati carichi e necessità di supporto assistenziale non solo di carattere specifico professionale sanitario quanto comune e quotidiano (e quindi direttamente coinvolgente l’impegno genitoriale-familiare). Su tale preciso aspetto su cui spesso si rilevano i maggiori dubbi e contrasti come pure incomprese disattenzioni appare opportuno fare riferimento, circa i comportamenti assunti dai collegi medici valutanti. Per quanto lo sviluppo del procedimento medico legale valutativo dal momento della presentazione della domanda iniziale si sviluppi in modo, diremmo, standardizzato (ed a volte percepito come freddamente spersonalizzante) da parte della struttura competente (tempi e modi di valutazione) senza che il soggetto oggetto di valutazione nulla faccia se non passivamente assistervi collaborando, pare sempre opportuno in una simile pratica affidarsi ad un proprio consulente di fiducia (di scelta, patronato, ecc.) in grado di predisporre, accompagnare e valutare in corso d’opera tutto il processo, magari anche presenziando alle fasi materiali della valutazione stessa (spesso vissuto come momento critico del processo stesso) tenuto conto come i promotori del processo valutativo hanno perfettamente il diritto di comprendere quanto fatto ai fini della valutazione stessa. L’avere una propria personale prevalutazione circa il diritto perseguito (ovvero cosa fondatamente mi aspetto di ottenere) conduce poi, a risultato formale ottenuto, a meglio considerare se sussistano elementi di dubbio e o di contrasto (ed in quale misura) circa la complessiva problematica. E con ciò valutare l’opportunità di eventuali azioni di contrasto successive. Se quanto formalmente ottenuto coincide sostanzialmente con quanto perseguito null’altro vi è da fare. Altrimenti se la discrepanza risultasse significativamente oggettiva e macroscopica, l’opposizione in termini legali avanti al Giudice competente appare l’inevitabile conseguenza.

La previsione di aggravamento considera una diversa situazione ovvero come le condizioni cliniche del soggetto  e in particolare del quadro che sostiene la situazione di difficoltà vadano incontro ad un peggioramento ovvero ad una diversa definizione in termini prognostici più gravi. Aspetti che debbono risultare documentati al pari di quanto in sede iniziale rappresentato. In tal caso parte un nuovo processo di valutazione che ripercorre le tappe già richiamate.

Può poi essere infine il caso che un eventuale procedimento di revisione,, sia predeterminato che estemporaneo da parte dell’istituto previdenziale possa comportare un diverso risultato con conseguenze pratiche (ad es. la revoca della concessione di un assegno di accompagnamento in precedenza assegnato e la sua conversione in indennità di frequenza. Ovviamente anche la condizione simmetrica ma in questo caso risultato difficilmente rigettato).

E’ del tutto evidente come processi di cambiamento debbano trovare corretta ed esplicita giustificazione a fronte di elementi caratterizzanti il quadro di base. Vale anche per tali fatti o la silente acquisizione del dato disposto o l’opposizione formale legale. Vale per tale specifica condizione il fatto di farsi assistere in sede di dibattito tecnico (spesso il Giudice incarica un consulente tecnico di propria fiducia, CTU, rispetto al quale le parti in contrasto rappresentano le rispettive posizioni a sostegno e difesa) da proprio consulente di fiducia.

In ogni caso credo si debba porre attenzione e prudenza rispetto qualsivoglia atto si intenda perseguire, che  non esistono mai  situazioni semplici e di intrinseca lampante indiscutibile definizione e che si banalizzi un importante istituto di diritto sociale “tanto al massimo mi verrà dato torto”. Nel perseguimento di diritti occorre sempre una estrema serietà e decisione lucida che poggia su una piena consapevolezza seriamente ponderata. E’ legittimo attendersi eguale serietà e competente applicazione da parte di chi deputato a trattare tali processi che, mai banali pratiche burocratico amministrative, incidono sempre significativamente sulla dignità e nel vissuto di persone fragili.

In definitiva l’accesso ad una delle conseguenze più spesso perseguite e considerate come “ragionevole diritto rispetto alla disgrazia che mi ha direttamente colpito”, l’indennità economica di accompagnamento, indipendentemente dall’evidente particolare impegno di supporto e o assistenza che tali condizioni sempre caratterizzano appare correlabile con le condizioni patologiche di più elevato livello di gravità intrinseca. Livello di gravità desumibile dalle parametrazioni indicate nel riferimento scientifico del DSM 5 (il livello 3 viene considerato come quello maggiormente corrispondente alle situazioni di più elevata necessità assistenziale;per il livello 2 la valutazione appare più indefinita in relazione alla caratterizzazione dello specifico caso) e che possono altresì tenere conto della valutazione delle capacità adattative del soggetto espresse secondo VABS – Vineland adaptative behaviour scale, ovvero in definitiva a condizioni opportunamente richiamate ed indicate nella documentazione specialistica inquadrante il caso singolo.

** https://www.inps.it/docallegatiNP/LIstituto/strutturaorganizzativa/attivit%C3%A0professionale/Documents/competenze_mlegale/Comunicazione_INPS_autismo.pdf, http://www.handylex.org/gun/autismo_accertamento_circolari_indicazioni_INPS.shtml

Cinemanchìo, un progetto che cresce | La programmazione

E’ un progetto che cresce sempre di più quello di Cinemanchìo, esperimento legato al cinema Autism Friendly, utile ad agevolare la partecipazione alle proiezioni cinematografiche anche di bambini nello spettro autistico.

Cinemanchìo ha messo in piedi un calendario di Friendly Autism Screening anche nell’ambito del Kids Club di UCI Cinemas, con cui è avviata una collaborazione per la promozione e l’inclusione sociale su vari territori. Le proiezioni saranno in programma fino al 17 dicembre. Ci si potrà recare al cinema ogni domenica mattina alle 11, in otto multisale del circuito UCI Cinemas in altrettante città: Milano, Torino, Palermo, Roma, Bologna, Firenze, Como, Savignano Sul Rubicone. Altre città hanno già fatto richiesta per aderire all’iniziativa: presto ci saranno grandi novità.

La particolarità di queste proiezioni – ha spiegato Stefano Pierpaoli al Corriere della Sera – è la predisposizione di un adattamento ambientale che permette anche ai bimbi autistici di vivere e godere senza problemi e paure l’esperienza cinematografica. Le luci in sala rimangono accese, anche se soffuse, per chi ha paura del buio. L’audio è moderato su livelli sopportabili per chi ha l’udito molto sensibile (a dirla tutta, a chi non capita di uscire frastornato da certe proiezioni troppo roboanti?). Libertà di circolazione e movimento sono garantiti per chi proprio non riesce a stare seduto. E c’è anche la possibilità di portare da casa la merenda, per chi non riesce a rinunciare ad abitudini precise e rassicuranti. Semplici accorgimenti, molto apprezzati in realtà un po’ da tutti i bambini, perché non fanno altro che rendere possibile la visione del film in un ambiente libero e aperto, perfetto per i piccoli spettatori”.

Maggiori informazioni sull’esperimento le potete trovare leggendo l’articolo del Corriere della Sera a questo link —> http://bit.ly/2AbeSW7

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Convegno ANGSA Bologna, “Autismo, non solo bambini” | L’intervento dall’Umbria

Durante il convegno organizzato da Angsa Bologna, anche la presidente di Angsa Umbria, Paola Carnevali Valentini, ha preso parola per parlare di autismo, concentrandosi in particolare sull’esperienza del centro diurno La Semente, a Limiti di Spello, dove vengono accolti adulti con o senza disabilità intellettiva, senza limiti di gravità. Un team di operatori formati e motivati tiene impegnati gli utenti con attività che li preparano al lavoro agricolo, utilizzando tutto il tempo necessario.
Quando le abilità acquisite sono spendibili nel lavoro produttivo, essi diventano dei veri lavoratori con regolare busta paga e vengono trasferiti o nella fattoria sociale annessa alla semente o in aziende agricole del territorio.

La relazione di ANGSA Umbria si può ascoltare al link:

  https://www.youtube.com/watch?v=c6LZjs2B_ow&t=8s

Il lavoro

Francesco Crisafulli e Ingrid Bonsi hanno parlato, a loro volta, di lavoro. Se il lavoro non é l’unico elemento costitutivo dell’adultitá, esso ne é comunque uno dei principali. Il lavoro dà la soddisfazione di vederne il risultato a prodotto finito, rende possibile l’incontro con altre persone con le quali possono nascere belle amicizie, dà un ritmo alla giornata e aumenta l’autostima, oltre naturalmente alla soddisfazione dello stipendio alla fine del mese.
Se questo è valido per tutti, lo è molto di più per chi ha poche risorse. Chi infatti ha cultura, interessi, amici, fantasia e soldi, sa benissimo come passare piacevolmente il tempo anche senza lavorare, ma questo non vale per chi non ha queste fortunate caratteristiche.
Se lo spettro dell’autismo é molto ampio, anche l’offerta di lavoro deve essere ampia e variegata.

Francesco Crisafulli e Ingrid Bonsi hanno presentato un’esperienza di collaborazione tra l’ASL e un’azienda privata per l’inserimento lavorativo di persone con autismo ad alto funzionamento. Si tratta di lavoro nell’ambito dell’informatica.
Siamo ancora nella fase dell’apprendistato, ma un apprendistato pensato appositamente per queste persone con le loro peculiarissime esigenze. La formazione avviene in azienda con il supporto degli educatori dell’ASL. Si tratta di un’esperienza del tutto nuova e noi facciamo il tifo perché tutti gli apprendisti dopo il periodo di formazione vengano assunti.
Questo lo impareremo in un prossimo evento. Intanto ascoltiamo Francesco Crisafulli e Ingrid Bonsi al link:

https://www.youtube.com/watch?v=5MKXgEmgrOA&t=5s 

Infine a questo link trovate le slide della loro presentazione:

http://www.autismo33.it/autismo_edu/14_ott_2017_non_solo_bambini/crisafulli.pdf

Equipe territoriali per disturbi autismo | Regione Umbria approva all’unanimità

L’Aula di Palazzo Cesaroni ha approvato all’unanimità una proposta di risoluzione che impegna la Giunta ad “assumere tutte le iniziative necessarie per vincolare le due aziende sanitarie locali all’istituzione delle equipe territoriali per i disturbi dello spettro autistico, come previsto dalla delibera di Giunta ‘169/2016’”.

Illustrando l’atto di indirizzo, il presidente della Terza commissione, Attilio Solinas, ha evidenziato che “mancano dati epidemiologici attendibili, regionali e nazionali, a causa dell’assenza di un sistema nazionale di raccolta dati informatizzato ad oggi presente solo in Piemonte e Emilia Romagna. Secondo la letteratura internazionale l’incidenza dei disturbi dello spettro autistico è in netto incremento (un caso su 100) mentre l’istituzione delle équipe territoriali risulta ancora non realizzata in modo omogeneo su tutto il territorio regionale. Inoltre per la società italiana di epidemiologica psichiatrica ci sarebbe una carenza nelle dotazioni di organico nei dipartimenti di salute mentale in particolare per quanto riguarda la Regione Umbria, che si trova all’ultimo posto in questo ambito. Nella proposta di risoluzione – ha spiegato Solinas – si chiede anche di favorire l’incremento delle dotazioni d’organico dei Servizi dell’età evolutiva e dell’età adulta, al fine di poter avere disponibili tutte le risorse professionali necessarie alle equipe territoriali per i disturbi dello spettro autistico, e di rafforzare la rete delle strutture diurne sia per minori che per adolescenti e adulti e di quelle residenziali dedicate alle persone con questo disturbo. Si auspica infine la realizzazione un sistema di raccolta dati informatizzata al fine di avere adeguati dati epidemiologici, necessari per una programmazione dei servizi proporzionati alle esigenze della popolazione con disturbo dello spettro autistico”.

Gli interventi

Marco SQUARTA (FdI) ha sottolineato che “la risoluzione fa fare dei passi avanti anche se servirebbero delle risorse per l’assistenza in casa dei bambini malati. Ci sono metodologie terapeutiche, come la Aba, che le Asl però non intendono applicare. Sarebbe necessario una apertura anche in questo senso. Voterò a favore della risoluzione”. 

Claudio RICCI (Rp) ha evidenziato che “è stata posta la richiesta di maggiore attenzione nella sistematizzazione dei dati che possono essere raccolti per singola patologia. L’autismo è una patologia molto significativa, anche come incidenza”.

Per Emanuele FIORINI (Lega nord)il problema dell’autismo è molto rilevante e dovrebbe essere approfondito ancora meglio. Positiva comunque questa risoluzione dato che serve un supporto per genitori e insegnati che si trovano a sostenere il carico di un bambino affetto da questa patologia”.

Secondo Andrea LIBERATI (M5S) “le risposte date alle famiglie non sono sufficienti, soprattutto per quanto riguarda i bambini più piccoli. Occorre allargare la rete sociale e pensare alla formazione dei docenti. Dobbiamo ascoltare in modo serio e sistematico le famiglie e offrire risposte concrete”.

Per Attilio SOLINAS (Mdp)questo disturbo deve essere diagnosticato in maniera tempestiva. Ciò richiede una integrazione tra i pediatri e le strutture sanitarie. Serve una apposita formazione del personale e un potenziamento dei centri diurni e delle strutture che supportano le famiglie”.

Luca BARBERINI (assessore alla sanità): “La legge nazionale in materia è dell’agosto 2015 ma la Regione Umbria, già dal 2012, ha elaborato linee di indirizzo per la diagnosi e la presa in carico dei soggetti con spettro autistico. Sempre nel 2012 è stato costituito il Centro riferimento regionale per i disturbi dello spettro, allo scopo di acquisire il maggior numero possibile di dati. 

La prima dotazione è stata di 167 mila euro ma nel corso del 2016 il fondo è stato incrementato a 350mila euro per il biennio 2017/2018. Il servizio di neuropsichiatria, nel solo distretto del Perugino, con 25mila minori tra zero e 14 anni, nel 2016 ha seguito 169 soggetti mentre nel 2013 erano 83. C’è un incremento dei casi quindi, forse anche perché c’è una diagnosi più appropriata. Oltre all’incremento dei fondi abbiamo deciso di esplorare ulteriormente la materia. È stato insediato un tavolo tecnico scientifico a cui partecipano i referenti delle aziende sanitarie. Dobbiamo investire in formazione per i professionisti che si occupano di questa materia ed abbiamo attivato corsi di formazione per gli operatori delle aziende sanitarie. Potremmo prevedere un capitolo specifico nel piano sanitario regionale ed anche ulteriori stanziamenti. È stato fatto un percorso prima ancora della entrata in vigore della legge nazionale, che potrà avere una ulteriore evoluzione alla luce dei bisogni che stanno emergendo in Umbria”. 

“Non lo invitano alla festa: l’urlo di rabbia di un padre è virale su Twitter”

Riceviamo e pubblichiamo l’articolo di Manuela Rizzo

Shane e Christine sono i genitori di un bambino autistico di sei anni che, come raccontato dal papà, spesso viene isolato dai suoi compagni che non lo invitano alle loro feste: “Rifletteteci, avete idea di quanto possa essere doloroso?”, ha scritto l’uomo sui social ottenendo la solidarietà di molti altri genitori.

NEWCASTLE. Quello che stiamo per descrivervi e’ un problema che molti genitori affrontano quotidianamente. E’ una brutta storia quella caduta una delle tante famiglie in questo mondo. Un problema che tutti noi genitori potremo avere un giorno. Nonostante in questo secolo si usi molto facilmente la parola uguaglianza, che, purtroppo non e’ stato cosi’ per un bambino bellissimo, la cui unica colpa e’ di essere autistico. Il mondo, e’ pronto solamente a giudicare, e difficilmente entra nel cuore e nell’anima ma soprattutto nella mente di un bambino che, sicuramente vede tutto cio’ che lo circonda con una prospettiva diversa.

Il bimbo vive a Newcastle, insieme ai genitori Shane e Christine che hanno un blog nel quale raccontano le loro vicissitudini. I genitori di Reilly cercano comunque di garantire al figlio una routine il più possibile normale e serena, ma Shane, con un tweet, ha messo in luce una situazione decisamente triste: “Mio figlio e’ autistico, non e’ un lebbroso. Non avete idea di quanto quello che fate possa spezzarci il cuore”.

“Mio figlio è autistico, non lebbroso”. E’ il messaggio di un papà arrabbiato, di un papà che ha deciso di affidare ai social il racconto della sua delusione. Peccato che nessuno lo abbia mai invitato. “Nessuno. Avete idea di quanto questo possa spezzare il cuore?” “Ogni parola che leggo in questo post è vera: “all’asilo ci hanno detto che gli altri bambini non gradivano la presenza di nostro figlio, e di riportarlo a casa”. E se non è raro sentir parlare di esclusione e solitudine per i bambini autistici, in questo caso sono arrivate ulteriori conferme da parte di questo papà britannico, il cui sfogo, condiviso dalla moglie, è diventato “virale” sui social network nel giro di pochissimo tempo. Il post l’ha ripreso per prima la mamma di Reilly, ma poi in migliaia, su Twitter, hanno commentato, chi con rabbia chi con commozione, il racconto di questo padre. “Abbiamo lo stesso problema con mio nipote perché nessuno lo invita alle feste” scrive una donna; “abbiamo imparato a dimenticare quelli che dimostrano di non avere cura di loro, abbiamo trovato il nostro modo di divertirci” aggiunge un altro utente. Insomma, su Twitter si e’ aperto il dibattito: oltre a combattere la difficile condizione dell’autismo, i piccoli sono costretti anche a sentirsi inevitabilmente diversi e a fare i conti dunque con il dramma della discriminazione?

Questo sfogo è stato poi ripreso dalla madre e in un secondo momento e’ divenuto virale sui social. Come già riferito, a tanti altri genitori hanno raccontato esperienze simili e lo hanno fatto scegliendo proprio i social network. In tanti e nello specifico in migliaia hanno commentato su Twitter anche con rabbia ma anche con tanta commozione e molti hanno ammesso purtroppo di avere lo stesso problema. Nello specifico una donna e mamma di due bambini autistici ha raccontato la sua storia. “Abbiamo imparato a dimenticare quelli che dimostrano di non avere cura di loro, abbiamo trovato il nostro modo di divertirci”, racconta la donna.

Un’altra invece scrive: “All’asilo ci hanno detto che gli altri bambini non gradivano la presenza di nostro figlio, e di riportarlo a casa”.”L’autismo e’ un disturbo del neurosviluppo caratterizzato dalla compromissione dell’interazione sociale e da deficit della comunicazione verbale e non verbale Che inevitabilmente provoca ristrettezza di interessi e comportamenti ripetitivi. A notare I primi segni generalmente entro i primi due anni di vita del bambino, sono i genitori, Ma talvolta può capitare che ad accorgersi siano le insegnanti. La diagnosi Ad ogni modo può essere fatta entro i 30 mesi di vita. Ad oggi non si conoscono le cause di questa manifestazione, anche se i medici parlano di cause neurobiologiche, costituzionali, etico ambientali acquisite.

Definizione e caratteristiche del disturbo.
L’autismo è una sindrome comportamentale causata da un disordine dello sviluppo, biologicamente determinato, con esordio nei primi 3 anni di vita. Le aree prevalentemente interessate da uno sviluppo alterato sono quelle relative alla comunicazione sociale, alla interazione sociale reciproca e al gioco funzionale e simbolico. In termini più semplici e descrittivi, i bambini con autismo: “hanno compromissioni qualitative del linguaggio anche molto gravi fino a una totale assenza dello stesso”, manifestano incapacità o importanti difficoltà a sviluppare una reciprocità emotiva, sia con gli adulti sia con i coetanei, che si evidenzia attraverso comportamenti, atteggiamenti e modalità comunicative anche non verbali non adeguate all’età, al contesto o allo sviluppo mentale raggiunto presentano interessi ristretti e comportamenti stereotipati e ripetitivi. Tutti questi aspetti possono accompagnarsi anche a ritardo mentale, che si può presentare in forma lieve, moderata o grave. Esistono quadri atipici di autismo con un interessamento più disomogeneo delle aree caratteristicamente coinvolte o con sintomi comportamentali meno gravi o variabili, a volte accompagnati da uno sviluppo intellettivo normale. Le caratteristiche di spiccata disomogeneità fenomenica suggeriscono che il quadro clinico osservabile sia riconducibile a una “famiglia” di disturbi con caratteristiche simili, al cui interno si distinguono quadri “tipici”, ossia con tutte le caratteristiche proprie del disturbo a diversa gravità di espressione clinica e quadri “atipici”, in cui alcune caratteristiche sono più sfumate o addirittura assenti, sempre con una gravita’ fenomenica variabile: tutte queste tipologie di disturbi sono raggruppabili all’interno della definizione di “disturbi dello spettro autistico” (che in questo documento comprendono i quadri descritti in ICD-10 e DSM-IV come sindrome di Asperger, autismo, autismo atipico, disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato). Questi disturbi, identificati dall’avere in comune le anomalie qualitative nucleari che identificano l’autismo, conferiscono al soggetto caratteristiche di “funzionamento autistico” che lo accompagnano durante tutto il ciclo vitale, anche se le modalità con le quali si manifestano, specie per quanto riguarda il deficit sociale, assumono un’espressività variabile nel tempo. Conseguenza comune e’ comunque la disabilita’ che ne deriva e che si manifesta durante tutto l’arco della vita, anche se con gravita’ variabile da soggetto a soggetto.

Epidemiologia.
L’autismo non sembra presentare prevalenze geografiche e/o etniche, in quanto e’ stato descritto in tutte le popolazioni del mondo, di ogni razza o ambiente sociale; presenta, viceversa, una prevalenza di sesso, in quanto colpisce i maschi in misura da 3 a 4 volte superiore rispetto alle femmine, una differenza che aumenta ancora di piu’ se si esaminano i quadri di sindrome di Asperger, una delle forme dei disturbi dello spettro autistico. Una prevalenza di 10-13 casi per 10.000 sembra la stima piu’ attendibile per le forme classiche di autismo, mentre se si considerano tutti i disturbi dello spettro autistico la prevalenza arriva a 40-50 casi per 10.000. Vanno comunque condotti ulteriori studi in relazione agli aumenti di prevalenza delle patologie autistiche che in questi ultimi tempi sono stati segnalati soprattutto dai paesi anglofoni e che porterebbero la prevalenza dei disturbi dello spettro autistico a 90/10.000. Questi dati devono essere confrontati con quelli che si possono ricavare dai sistemi informativi delle regioni Piemonte ed EmiliaRomagna, che indicano una presa in carico ai Servizi di neuropsichiatria infantile di minori con diagnosi di autismo rispettivamente di 25/10.000 e 20/10.000.

Eziopatogenesi.
Le cause dell’autismo sono a tutt’oggi sconosciute. La natura del disturbo, infatti, coinvolgendo i complessi rapporti mente-cervello, non rende possibile il riferimento al modello sequenziale eziopatogenetico, comunemente adottato nelle discipline mediche: eziologia – anatomia patologica – patogenesi – sintomatologia. 14 Il trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti Va inoltre considerato che l’autismo, quale sindrome definita in termini esclusivamente comportamentali, si configura come la via finale comune di situazioni patologiche di svariata natura e probabilmente con diversa eziologia. In base alle attuali conoscenze, l’autismo e’ una patologia psichiatrica con un elevato tasso di ereditarietà e con una significativa concordanza nei gemelli monozigoti: il rischio di avere un altro bambino con autismo e’ 20 volte più elevato rispetto alla popolazione generale se si è già avuto un figlio affetto. Nonostante queste prove, non si conosce ancora quale sia il percorso eziopatogenetico che conduce allo sviluppo dei quadri di autismo; la ricerca si e’ orientata maggiormente a indagare il ruolo dei fattori genetici, mentre una relativamente minore attenzione e’ stata posta ai fattori ambientali o sulla interazione gene-ambiente, e si e’ focalizzata, specie negli ultimi anni, sullo studio del cervello, soprattutto attraverso le tecniche di neuroimaging, sia strutturale sia funzionale. I dati finora prodotti dalla ricerca hanno evidenziato una forte eterogeneità e complessità nella eziologia genetica e anche l’identificazione di pathways cellulari o molecolari, possibile grazie alle nuove tecnologie, consente di avanzare solo ipotesi sull’origine del disturbo e nell’insieme non fornisce al momento elementi di certezza sulle cause, che restano sconosciute.

Prognosi. 
Il bambino con diagnosi certa di autismo cresce con il suo disturbo, anche se nuove competenze sono acquisite con il tempo. Tali competenze, tuttavia, sono “modellate” da e sul disturbo nucleare e avranno comunque una qualità “autistica”. Ogni intervento deve avere come obiettivo quello di favorire il massimo sviluppo possibile delle diverse competenze compromesse nel disturbo: analogamente a quanto già dimostrato nella riabilitazione di disabilita’ acquisite nell’adulto, dove la tempestività e la specificità dell’intervento sono elementi determinanti, e in sintonia con la prassi della riabilitazione di disabilità neuromotorie del bambino, dove la precocità dell’intervento riabilitativo e’ diventata una buona prassi consolidata, anche gli interventi sugli aspetti funzionali e mentali potrebbero giovarsi di metodologie specifiche, applicate precocemente. Nel complesso la particolare pervasività della triade sintomatologica e l’andamento cronico del quadro patologico determinano condizioni di disabilita’, con gravi limitazioni nelle autonomie e nella vita sociale che persistono anche nell’eta’ adulta. Queste sono le prove che anche l’osservazione clinica naturalistica rende attualmente manifeste: va peraltro ricordato che l’attenzione per questi disturbi e’ notevolmente cresciuta a partire dagli anni novanta e che quindi nei prossimi anni sarà possibile capire se la capacita’ di giungere alla diagnosi più precocemente rispetto al passato e gli interventi abilitativi che si sono conseguentemente sperimentati in varie parti del mondo saranno stati in grado di modificare in maniera significativa e oggettivamente dimostrabile il grave outcome invalidante.

Considerazioni finali.
Considerata la complessità e la gravita’ dei disturbi dello spettro autistico, che coinvolgono proprio le componenti psichiche che guidano lo sviluppo della dimensione relazionale e sociale cosi’ caratteristica della specie umana, e’ necessario che la gestione della patologia tenga conto dei vari elementi che concorrono alla complessità del quadro clinico: e’ auspicabile quindi che interventi specifici, competenze cliniche e interventi abilitativi e di supporto per il paziente e per la sua famiglia siano costruiti su buone prassi, in linea con i principi della prova scientifica. Lo scopo di queste linee guida vuole essere proprio quello di offrire un supporto competente in tal senso. Probabilmente tutto questo non basterà, se non continuerà ad aumentare la consapevolezza di tutti che e’ necessario far crescere anche un contesto sociale umanamente sensibile e disponibile a farsi carico anche di queste particolari forme di disabilità, capace di supportare e sostenere la più ampi a inclusione sociale possibile, pronto a intervenire con soluzioni assistenziali idonee quando le famiglie non sono più in condizioni di sostenere da sole la fatica di supportare la crescita del loro figlio autistico. Una sfida complessa e difficile, ma il grado di civiltà di una società si misura anche dalla sua capacità di investire e di mobilitarsi a favore dei più deboli e dei più svantaggiati tra i suoi componenti, come fin dalla fine del 1500 i versi poetici di John Donne avevano elegantemente evidenziato: Nessun uomo e’ un’isola, completo in se stesso; ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto … La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce, perché io sono parte dell’umanità. E dunque non chiedere mai per chi suona la campana: essa suona per te.

 

TaskAbile, l’App per l’autonomia delle persone con autismo

E’ disponibile, per dispositivi Android, l’applicazione TaskAbile, pensata per fornire uno strumento gratuito e funzionale a rendere le persone con disabilità intellettiva e relazionale più autonome nei diversi contesti della propria vita. L’App è stata realizzata grazie ai contributi raccolti dal «Giro d’Italia in vespa 2016» e quindi grazia alla collaborazione tra Vespa Club e Angsa Veneto. L’App è stata presentata il 7 ottobre 2017 a Roma.

“TaskAbile è un’applicazione che aiuta la persona ad imparare alcuni comportamenti di vita quotidiana e sociale cercando di stimolare l’autonomia personale fornendo anche la possibilità di comunicare e scegliere in autonomia attraverso categorie e immagini personalizzate e personalizzabili.

Risulta uno strumento facile e di rapido utilizzo in quanto l’interfaccia è semplice e di immediata comprensione, consentendo un semplice impiego anche a chi ha poca dimestichezza con le tecnologie di ultima generazione.
Uno degli obiettivi dell’applicazione è rendere la persona con disabilità intellettiva e relazionale più autonoma possibile nei diversi contesti della propria vita, sia essa con ritardo mentale, sia con difficoltà specifiche nella organizzazione o nell’apprendimento.

taskAbile si compone di e di una guida in linea.

– Comunicazione e scelte facilitate (VERDE)
Permetterà alla persona di creare categorie personalizzate da utilizzare per una comunicazione più efficace e funzionale in diversi contesti quotidiani.

– Calendario attività giornaliere (AZZURRO)
Serve per identificare e conoscere le attività scelte in precedenza da svolgere durante la giornata in corso. Ogni attività è scomposta in sottoazioni tramite task-analysis che ne indica la specifica esecuzione.

– Creazione personalizzata azioni e attività (BLU)
Si possono creare e personalizzare le attività e le azioni, permettendo anche la modifica o la cancellazione di quelle già presenti.

– Pianificazione settimanale e giornaliera (VIOLA)
Con una pianificazione settimanale delle attività, create e personalizzate, da svolgere nei diversi giorni.

– Verifica e feedback diretto (ROSSO)
E’ possibile (da parte di un supervisore) verificare lo svolgimento delle diverse attività svolte nell’intera settimana, valutando e verificando quali sono state eseguite e come.

Per approfondire:

HomeMate, digitale contro l’autismo. Via al crowdfunding

Pubblichiamo l’articolo di Federica Meta, uscito anche su Corriere Comunicazioni. Buona lettura!

Ideata dalla startup Lorf, in collaborazione con Fabula Onlus e Fifthingenium, la piattaforma punta a migliorare la qualità della vita delle persone autistiche grazie a sistemi di domotica e sensori.

MILANO. Realizzare una piattaforma che integra sistemi di domotica e sensori per migliorare la qualità della vita dei soggetti autistici, incrementandone l’autonomia in un’ottica “dopo di noi”. È l’obiettivo del progetto HomeMate ideato dalla startup milanese Lorf che, oltre a sviluppare iniziative business, ha anche un “cappello” benefit.

Per realizzare il progetto HomeMate, Lorf ha coinvolto Fabula Onlus e scelto il crowdfunding: attualmente su Kickstarter è possibile contribuire alla sua realizzazione. HomeMate punta ad incassare 11.208 in 60 giorni: attualmente a meno di due settimane dall’inizio – fanno sapere dall’azienda – è stato raggiunto il 48% della cifra. “Siamo fiduciosi di raggiungere il target nel periodo stabilito”, dicono a CorCom.

Le risorse serviranno a finanziare il primo step dell’iniziativa che prevede la strutturazione di un team misto di ingegneri –Fifthingenium è partner tecnico – psicologi ed educatori della Onlus Fabula che è capo progetto. “La nostra convinzione – spiegano ancora dall’azienda – è che la figura dell’educatore si stia evolvendo e che, in questo senso, le tecnologie giocheranno un ruolo chiave. Parliamo di professionisti che diventeranno dei life mentor”. Questi educatori 4.0 saranno in grado di capire i bisogni del soggetto autistico e poi “settare” la piattaforma HomeMate per rispondere a quei bisogni e creare le condizioni per l’interazione col mondo circostante, con particolare riferimento all’abitare. L’impatto positivo non riguarderà solo la persona affetta da autismo ma anche la comunità che dovrà sobbarcarsi meno costi per l’assistenza. Si stima che nel 2025, negli Usa, i costi diretti e indiretti per la gestione dell’autismo arriveranno a 1 trilione di dollari, praticamente la metà del debito pubblico tedesco.

I soci di Lorf, a testimonianza dell’impegno della startup sul tema sociale, si impegnano in caso di exit a donare almeno il 5% della plusvalenza che si realizzerebbe e in caso di profitti sempre almeno il 5% degli utili in donazioni a favore di progetti sull’autismo.

Il progetto HomeMate fa il paio con quello “business” loveorfriends. Si tratta di una app che spinge alla socializzazione “reale” con i contatti social: un antidoto alla dipendenza da Facebook & Co. Decidi Who (Chi), Where (dove) e When (quando) e, giocando con il confine fra amore e amicizia, dai appuntamento ai tuoi amici in luoghi legati al mondo del food per scoprire se è Love or Friends. Ma cosa c’entra con l’autismo? “Alla base dell’autismo – ci spiegano dalla startup – c’è proprio la carenza di socializzazione. E dunque una persona con autismo ad alto funzionamento potrebbe trarre innegabili vantaggi dal suo utilizzo”.

Angsa Umbria a Bologna per il convegno “Autismo: non solo bambini”

«Intendiamo richiamare alla società tutta il fatto che l’autismo non riguarda solo i bambini»: è partita da questo assunto, l’ANGSA di Bologna (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici), nell’organizzare, su richiesta delle famiglie, il convegno intitolato Autismo, non solo bambini, in programma per il 14 ottobre, a Bologna (Sala Borsa Auditorium Biagi, ore 10-18). Anche Angsa Umbria ha partecipato al convegno: la presidente Paola Carnevali Valentini ha infatti portato la sua esperienza con il racconto del centro diurno La Semente a Limiti di Spello, divenuta poi anche fattoria sociale e distretto rurale.
L’evento nasce dalla collaborazione dell’ANGSA Bologna con Biblio Bologna, con la Biblioteca Sala Borsa e con l’Università del capoluogo emiliano, avvalendosi del patrocinio di quest’ultima, dell’Istituto Scolastico Regionale, dall’Azienda Unità Sanitaria Locale (AUSL), del Comune di Bologna e della Regione Emilia Romagna e dal Comune di Bologna. In tal senso porteranno i propri saluti Paolo Zoffoli, presidente della Commissione Sanità Regione Emilia Romagna, Maria Caterina Manca, consigliere comunale di Bologna,oltreché responsabile della Commissione Minori Disabili dell’AUSL e Maurizio Fabbri, vicepresidente della Scuola di Psicologia e Scienze della Formazione di Bologna.

Ad entrare nel dettaglio del programma è Marialba Corona, presidente dell’ANGSA di Bologna, che ha moderato i lavori insieme alla consigliera dell’Associazione Antonella Pignatari: «Di autismo – spiega Corona – non si muore, c’è chi migliora molto, chi migliora poco e chi peggiora per il sopravvenire delle temute quanto frequenti comorbilità psichiatriche e mediche. Con aderenza alla realtà e senza edulcorazioni, due medici hanno parlato della gestione di queste comorbilità (Rita Di Sarro dell’AUSL di Bologna e Andrea Carnuccio della Fondazione Marino per l’Autismo). Il tema della vita adulta è stato poi trattato a trecentosessanta gradi in ogni sua sfaccettatura, a partire dalla presentazione di uno specifico documento da parte della presidente nazionale ANGSA Benedetta De Martis, per passare all’impegno della scuola negli ultimi anni di superiori per la preparazione alla vita adulta (Graziella Roda dell’Ufficio Scolastico Regionale dell’Emilia Romagna). Si passerà quindi a parlare di inserimento lavorativo inclusivo (Francesco Crisafulli e Ingrid Irene Bonsi, educatori professionali) e protetto (Paola Carnevali, presidente dell’ANGSA Umbria e Andrea Tittarelli del Centro Diurno Fattoria Sociale La Semente) e all’educazione indispensabile per evitare la segregazione (Francesca Giovannini, educatrice professionale, Chiara Pezzana, neuropsichiatra infantile ed Elena Malaguti dell’Università di Bologna). Verranno infine illustrate le caratteristiche ottimali delle residenze per adulti con autismo (Giovanni Marino, fondatore e presidente della Fondazione Marino per l’Autismo e Federica Garavini, coordinatrice della Cooperativa Insieme per Crescere): queste ultime sono il risultato di immani sacrifici di genitori che non trovando proposte soddisfacenti nell’esistente, hanno messo tutto il loro patrimonio e tutto il loro impegno per costruire realtà abitative che favorissero al massimo la qualità di vita dei figli. Questo dev’essere dunque da stimolo alle Pubbliche Istituzioni, che devono prendere tali esempi per riprodurli e non per attendere che altri genitori riempiano il vuoto».

Articolo ripreso da Superando.it